“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Di quando Shimla ha perso l'H - Spiti Valley-Kinnaur

..“Nella grande famiglia delle lingue indoeuropee, un posto di primaria importanza spetta al sanscrito, lingua dotta di un'antica e illustre civiltà quale l'indiana, nonché tramite di una letteratura vastissima, di alta qualità letteraria, profondità filosofica, intensità religiosa. La parola saskta significa «perfetto» “... (dalla rete)


Durante il periodo coloniale britannico in India, Shimla fu chiamata dagli inglesi SIMLA. Riacquistò la consonante che indica il vasto respiro solo dopo l’indipendenza dal dominio europeo.



In una giornata bigia, assaggiamo la burocrazia indiana al cospetto di un caldo soffocante, l’apparato amministrativo ci aveva già messo a dura prova nella compilazione on-line del visto, un prova e riprova fino a che sei fortunato. 

Ma oggi siamo pazienti e ci garantiamo tutto l’itinerario fino alla valle dello Spiti; la cappa di umido ci accompagnerà anche nelle foto, senza contrasto, nebbie sospese fino a sera, vapori umidi in una città dai muri colorati, dai cappelli di panno, dagli edifici inglesi, con i suoi templi, il suo verde e i suoi bazar.



Città in salita, che eleva i suoi dèi sopra tutto: spicca fuori dal verde il dio scimmia, Hanuman, ma nel confronto vince la semplicità dell’essere di Indira Gandi.


Nel monotono grigiore del cielo sfilano ai nostri occhi gli edifici storici inglesi, espressione decadente di un colonialismo lontano, oggi abbandonati alle intemperie o alla volontà filantropica di qualche benestante che così richiama il passato di vecchi splendori alla corte di governativi facoltosi.


Ritrovare sul cammino la magnificenza del verde che circonda il Viceregal Lodge, oggi sede di dell’Indian Institute of Advanced Study, è quasi opprimente: 







l’altezza dei maestosi alberi secolari raggiunge e supera quella dell’edificio britannico, austero all’interno come all’esterno, e come vuole tradizione tutta inglese, circondato di una leggera e impalpabile nebbia che rende la visita degna di un ambiente surreale simile a quello di un vagante Harry Potter.



Il vapor acqueo inseguirà i nostri corpi fino alla notte, dove le ombre a contrasto della luce ovattata risaltano nel buio più nero, lasciando vagare lo sguardo sulle linee a contrasto solo in prossimità del Kali Bari Mandir Temple, mentre un raggio di sole illumina la cupola e il suo santuario interno, gioendo al suono della campanella.


Il mio incontro con il calzolaio di strada salvaguarderà l’apertura definitiva delle mie scarpe, che prima della fine di questo viaggio vedranno come padrone ben più felice volto e faticanti piedi, in una gioia da me condivisa che ancora non mi abbandona.



La musica romantica che circonda una coppia di giovani nel pasto serale sarà presto dimenticata dalle frastornanti note del fiume che l’indomani andremo a ritrovare, 




insieme alle nebbie più avvolgenti nel verde montano e all’inizio di quella che sarà la strada a precipizio più allucinante mai percorsa in un viaggio.




Nessun commento:

Posta un commento